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ISSN 1970-7932

Associazione Thomas International
Anno I - Numero 1 - Settembre 2006 
     
 

Stati Uniti: cellule del cordone ombelicale al posto delle embrionali

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Kingston (Usa) è riuscito a produrre cellule staminali estratte dal sangue del cordone ombelicale, e in grande quantità.
I lavori di Colin Mc Guckin e di Nico Forraz della Kingston University School of Life Sciences sono stati pubblicati il 18 agosto sulla rivista specializzata Cell Proliferation.
Nella corsa mondiale alle cellule staminali, primo passo verso il nuovo eldorado della medicina rigenerativa, le piccole cellule estratte dal cordone dal sangue cordonale sembrano essere in grado di sostenere la sfida. Le loro proprietà assomigliano infatti a quelle delle cellule staminali embrionali, madri di tutte le cellule dell’organismo, con cui si spera, in futuro, di poter curare un buon numero di malattie oggi incurabili. E senza i problemi etici legati alle cellule embrionali, essendo quest’ultime estratte da embrione umano e quindi soggette alla critica di oggettizzazione dell’embrione. E anche senza far temere il rischio di carcinogenesi (sviluppo del cancro) legato alle staminali embrionali.

Ancora evocate con discrezione nel dibattito pubblico sulle cellule staminali embrionali e adulte, le cellule del sangue cordonale potrebbero rappresentare un punto d’equilibrio tra etica e clinica, vale a dire, una via mediana tra il rispetto della vita e il diritto dei malati a beneficiare dei progressi della medicina", sosteneva lo scorso dicembre un gruppo di ricercatori nella lettera d’informazione di Gèneéthique. Fonte: Aduc (24/09/2005)

 
 
 
 

Italia: si accende il dibattito sull’eutanasia, ma i termini del problema non sono chiari

Il 22 settembre scorso Piergiorgio Welby, copresidente dell’Associazione radicale Luca Coscioni e malato di distrofia muscolare, ha rivolto un video appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in cui ha di fatto chiesto, pubblicamente, il diritto all’eutanasia. Il giorno dopo, la risposta del capo dello Stato ha avviato un dibattito in cui si è discusso anche del c.d. “testamento biologico”, ovvero di un documento tramite cui si può decidere a quali trattamenti sanitari essere sottoposti qualora ci si dovesse trovare privi della capacità di esprimere direttamente le proprie preferenze.

Come ha dimostrato il dibattito seguito all’appello di Welby, il termine “eutanasia” è spesso utilizzato impropriamente, e viene a volte confuso con il rifiuto dell’accanimento terapeutico. Non iniziare o sospendere delle cure che non guariscono il paziente ma che ne prolungano solo penosamente la sofferenza non è una forma di eutanasia, ma di rifiuto dell’accanimento terapeutico. In questo caso infatti (che non include il caso dell’idratazione e dell’alimentazione artificiale) si lascia morire il paziente ma non lo si uccide come avviene invece nell’eutanasia, definita dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) come uccisione deliberata di un paziente allo scopo di eliminare le sue sofferenze. La questione è certamente complessa e delicata, ma si può dire che l’eutanasia, benché animata dalla lodevole intenzione di eliminare il dolore, non è una risposta umanamente adeguata alla domanda di senso e di solidarietà che il malato, attraverso il suo soffrire, rivolge alla comunità familiare e ospedaliera. È auspicabile, piuttosto, una maggiore attenzione alle cure palliative quale segno di un accompagnamento al morire in cui si esprime, in modo umanamente più idoneo, la nostra compassione verso chi soffre.

 
 
 
 

Gran Bretagna: bloccata la proposta di liberalizzare l’eutanasia

Con 48 voti di scarto, dopo nove ore di dibattito, gli oppositori della proposta di liberalizzazione dell’eutanasia (nota come bozza Joffe) hanno vinto la loro battaglia alla Camera dei Lord. (Notizia ripresa da: I Lord bocciano la legge pro eutanasia, i medici ringraziano, Il Foglio, 13 maggio 2006, p. 15).

La coalizione anti-eutanasia ha visto in prima linea l’arcivescovo anglicano Williams, il gruppo cattolico “Care not Killing”, ma anche le più importanti associazioni dei medici britannici, tre quarti dei quali, come rileva una ricerca pubblicata dal Royal College of Physicians, non hanno dimenticato quale è il fine dell’agire medico: la tutela della salute e della vita dei pazienti.

 
 
 
 

Danimarca: fecondazione artificiale anche per donne single e omosessuali

Il 3 giugno 2006 il Parlamento di Copenaghen ha approvato una nuova legge che consente la fecondazione artificiale a carico dello Stato anche per donne single e omosessuali. Nel 1989 la Danimarca era stata il primo paese a legalizzare il matrimonio e l’adozione delle coppie gay.

Al di là di tanti dubbi medici ed etici collegati a questo tipo di decisioni politiche. Non ultimo quello sulla straordinaria disinvoltura con cui un procedimento invasivo e sofisticato come la fecondazione artificiale sia stato universalmente accettato come pratica ordinaria prima di aver passato i normali controlli e accertamenti scientifici (per quanto ne sappiamo, è possibile che questa procedura presenti una percentuale rilevante, ad esempio, di difetti genetici tipo quelli manifestatisi nella clonazione della pecora Dolly… Nel caso della fecondazione, però, per l’euforia di questa novità nella produzione dei bambini di consumo, in quasi tutto il mondo si è subito dato l’avvio alle danze, e i casi non vengono inseriti in appositi registri e sottoposti a controlli di lungo periodo). Al di là di tanti altri dubbi, si diceva, stupisce sempre di più la totale mancanza di attenzione e di interesse da parte di molti stati, soprattutto occidentali, per i diritti e la condizione dei bambini a tutto vantaggio dei desideri consumistici degli adulti. È giusto che un bambino venga prodotto per genitori diversi da quelli genetici? È giusto che forse non lo saprà mai? È giusto che non abbia un padre e una madre laddove questa scelta dipenda ab origine dal desiderio di qualcuno? È giusto che venga prodotto per qualcuno con tendenze sessuali diverse da quelle di un normale padre e di una normale madre? Ma queste domande non hanno senso in società in cui il diritto sancisce il dominio del più potente (l’adulto) sul più debole (il bambino). Nelle società dei potenti, i loro desideri, qualunque essi siano, diventano legge. Tutto il resto non conta.

 
 
 
 

Olanda: bocciato partito dei pedofili

Amsterdam, 4 ottobre. Il Partito dell'Amore fraterno, della Libertà e della Diversità (PNVD) non potrà partecipare alle elezioni che si terranno a novembre in Olanda. Lo ha detto alla televisione pubblica olandese un funzionario del movimento che sostiene la legalizzazione del sesso fin dall’età di 12 anni. È molto improbabile infatti, come sottolineato dal segretario Norbert De Jonge, che il cosiddetto “Partito pedofilo” raggiunga le 570 firme necessarie per la partecipazione alle elezioni. Il movimento pedofilo propone di depenalizzare la pedofilia, di liberalizzare la pornografia infantile e di incoraggiare i bambini, dai dodici anni in su, ad avere rapporti sessuali anche con adulti. Alcuni esponenti del movimento, intervistati dal TG2 in Italia, hanno spiegato che abbattere il tabù del sesso sarebbe di giovamento per i bambini, che altrimenti svilupperebbero, nei confronti del sesso, una curiosità morbosa non priva di rischi per l’equilibrio della loro personalità. Gli intervistati, per tranquillizzare l’opinione pubblica, sono arrivati a descrivere il tipo di rapporto sessuale tra il bambino e il maggiorenne, spiegando che il bambino, in ogni caso, non sarebbe trattato come un adulto. L'immagine dei pedofili, come ha dichiarato Ad van den Berg, 62 anni, fondatore del partito, è stata infangata dallo scandalo del pluriomicida di bambine Dutroux, ma va riabilitata.

Il caso del partito pedofilo olandese ha suscitato, come era prevedibile, un vespaio di polemiche. Molti hanno lamentato il fatto che giornali e televisione abbiano dato spazio agli esponenti del PNVD, consentendo loro di esporre le “ragioni” del movimento. In effetti accettare che un sostenitore della pedofilia sia messo nelle condizioni di argomentare le sue ragioni significa accettare, in linea di principio, che la sua posizione possa avere delle ragioni. Ora, bisogna avere il coraggio di dire che questo è inaccettabile. Aristotele scrive, da qualche parte, che chi ritiene che si possa picchiare la propria madre non merita argomentazioni ma solo una sonora sgridata. Quando si discute di certe cose, a un certo punto bisogna fermarsi. Rifiutare di dialogare con chi vuole introdurre la pedofilia nella società è un dovere di responsabilità nei confronti di persone indifese e fragili come i bambini, così come rifiutarsi di dialogare con chi vuole reintrodurre l’antisemitismo è un atto di solidarietà nei confronti degli ebrei. Poco importa che in tal modo si venga meno alla buona creanza del dialogo con chi la pensa diversamente da noi. L’integrità dei bambini e la vita degli ebrei sono valori più importanti dello scambio di idee con chi la pensa in modo diverso. Purtroppo non è di questo avviso il giudice Hofhuis, presidente della Corte del Tribunale dell’Aja, che dopo qualche giorno dalla creazione del partito pedofilo, ha respinto il ricorso di alcune associazioni che chiedevano l’immediata chiusura e delegittimazione del neonato PNVD. Questa la motivazione: “La libertà di espressione, di riunirsi, inclusa la libertà di organizzarsi in un partito politico, sono le basi di una società democratica”. Ci sarebbe da domandarsi: se si fosse costituito liberamente e democraticamente un partito dei cannibali che mangiano solo vittime consenzienti, cosa avrebbe obiettato il Tribunale dell’Aja? Una società che accetta qualsiasi partito, alla sola condizione che raggiunga le firme necessarie, non avrebbe obiezioni.

 
 
 
     
 
 
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