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ISSN 1970-7932

Associazione Thomas International
Num. 4 - Settembre 2007 
     
 

Recensioni:

S. Leone, Etica della vita affettiva, EDB, Bologna 2006, pp. 368

 

 

Etica della vita affettiva, di Salvino Leone, non è solo un testo dottrinale, finalizzato a comprendere, storicamente e antropologicamente, la sessualità, ma è anche un testo che intende educare all’affettività, alla vocazione matrimoniale, alla formazione della persona nella sua interezza. Diviso in tre sezioni: 1) Etica sessuale generale 2) Etica sessuale applicata 3) Etica matrimoniale, il testo riflette lo spirito analitico e l’equilibrata attenzione posta dall’autore alle istanze morali dell’affettività, assicurando, inoltre, un sicuro esempio di alta teologia morale in un campo che tende, sempre di più, a diventare attuale perfino in politica. L'affettività, nello scenario etico e religioso disegnato nel testo,  è traducibile  nei termini di una vocazione etica, vale a dire nei termini del valore morale della stessa affettività. Lo spazio della vita morale, infatti, è il luogo della relazione intersoggettiva autentica, la dimensione umanizzante della coscienza di sé e degli altri. Una vita affettiva, come si evince dal testo di Leone, è necessariamente contrassegnata dall’esperienza morale (e religiosa) incentrata sul rispetto della vita, in tutte le sue manifestazioni fenomenologiche, e dunque anche nella relazione dell’uomo con la propria vita e con il suo prossimo. Il cuore della tesi di Leone è che la dimensione relazionale è connaturata all’uomo, per cui ognuno di noi è un “essere relazionale”, è un ponte per l’incontro con l’altro. La valutazione morale del comportamento sessuale non sfugge a questa regola, per cui si potrà dire matura e riuscita, quella vita affettiva che saprà scoprire l’altro, amandolo. Un altro che non è solo il partner ma anche il figlio che possibilmente sorgerà dall’unione coniugale.

Privilegiando il punto di vista della teologia morale, Leone incentra il suo percorso sul carattere costitutivo della  dimensione morale dell’agire umano: la responsabilità. Le norme morali comportano necessariamente una presa di posizione nei confronti del senso del nostro agire, da qui, Leone, lascia intravedere una dimensione essenziale ed inalienabile dall’esistenza dell’uomo: l’esperienza religiosa nella morale cattolica: «Dio è legislatore morale per eccellenza». In sostanza, scrive Leone, «c’è un ordine cosmico a capo del quale c’e’ Cristo; ogni realtà creata si inserisce in quest’ordine […]» ( p. 34). Attraverso  l’educazione all’affettività di coppia, i coniugi, ad esempio, maturano dunque un percorso di crescita vocazionale che può essere guida alla coscienza della stessa esperienza generativa della coniugalità e della famiglia. Così, nel primo capitolo, l’Etica sessuale generale, la sessualità, oltre che funzione biologica al servizio della procreazione, è vista come incontro intersoggettivo in nome dell’amore. La valutazione della stessa sessualità non potrà che essere di natura etica; una caratteristica specifica che contrassegna l’amore coniugale di valore morale è infatti quello della donatività. La donatività è comunione di vita, pienezza della maturazione di sé, ed è riconducibile al matrimonio nell’esperienza della fede tra i coniugi. Ecco che l’indissolubilità del matrimonio non appartiene solo alla rivelazione cristiana, non è un opzione esclusivamente evangelica, ma appartiene a una dimensione antropologica originaria che, per ciò stesso, coinvolge tutta l’umanità e non solo i credenti. Il matrimonio, da questo punto di vista, mira al bene comune della vita sociale e lo Stato, che è l’autorità che presiede al bene comune, dovrebbe difenderlo e promuoverlo. Leone, citando l’enciclica Casti connubii di Pio XI, ci fa ben capire che è la dimensione naturale dell’unione, e più concretamente la natura dell’uomo plasmata da Dio stesso, a fornire l’indispensabile chiave di lettura delle proprietà essenziali del matrimonio. Il loro rafforzamento ulteriore nel matrimonio cristiano attraverso il sacramento poggia su un fondamento di diritto naturale alla procreazione, tolto il quale diventerebbe incomprensibile la stessa opera salvifica e l’elevazione che Cristo ha operato una volta per sempre nei riguardi della realtà coniugale (265)

Trattando poi la spinosa questione dell’identità sessuale, Leone afferma che la natura di “persona” dell’essere umano è presupposta, a prescindere dalla differenza sessuale, interpretata come “accidente”. Qui Leone non intende negare che la persona umana sia ontologicamente sessuata, ma la mascolinità e la femminilità, per esprimerci in termini aristotelici, non sono la sostanza né parte di essa, altrimenti uomini e donne sarebbero esseri di specie diversa o sostanze incomplete, che avrebbero bisogno dell’unione con un individuo dell’altro sesso per essere persone di natura umana completa. E ciò non vuol dire, ripetiamo, che la sessualità sia intesa come realtà settoriale e «periferica» nella vita umana. Perciò, a proposito dell’innamoramento, puntualizza Leone,  la mascolinità e la femminilità non sono limitate alla genitalità, ma investono l’emotività e penetrano nell’interiorità dell’uomo e della donna.

Ne consegue, da un punto di vista teologico, che la grazia sacramentale del matrimonio, oltre ad elevare e a perfezionare l’amore coniugale, ha anche una dimensione sanante, affinché l’amore esprima veramente il reciproco dono personale degli sposi, come si legge nella Gaudium et spes citata da Leone, la quale, tra l’altro, presenta siffatto amore ben al di sopra della pura attrattiva dei sensi. Da qui è possibile ricondurre al valore morale dell’amore tutte quante le esigenze dell’etica sessuale, recuperando i valori  iscritti nella dimensione affettiva: corpo, genitalità, emotività, donazione, procreazione ecc.

Così, nel capito intitolato Procreazione Responsabile, Leone riprende la dibattuta questione inaugurata da Paolo VI in Humanae Vitae. In quest’ultima, secondo Leone, «Vi è [...] un punto  realmente innovativo che, pur basandosi sul predente magistero, supera le posizioni di Pio XI e Pio XII, e cioè il concetto  di paternità responsabile che introduce e in base al quale viene affidata ai coniugi, sia pure vietando il ricorso di metodi artificiali, la ponderata decisione circa il numero di figli da mettere al mondo. Il concetto di responsabilità procreativa che Paolo VI introduce non riguarda , così, solo l’uso dei mezzi , ma anche il senso più profondo da attribuire alla scelta dei coniugi. Un elevato numero di figli, che indubbiamente può essere frutto di grande  generosità coniugale, può rivelarsi così anche come segno di procreazione irresponsabile e, come tale, ricadere nell’ambito di un giudizio-disvaloriale» (pp. 268-269). Compito e missione del matrimonio cristiano, secondo Leone, citando Giovanni Paolo II, è proprio l’apertura responsabile alla vita; essere donatori di vita significa diventare collaboratori di un Dio creatore, il quale è vita e amore: «All’origine di una persona  v’è un atto creativo di Dio: nessun uomo viene all’esistenza per caso; egli è sempre il termine  dell’amore creativo di Dio. Da questa  fondamentale verità di fede e di ragione deriva anche la capacità procreativa, inscritta nella sessualità umana, che è,  nella  sua  verità  più  profonda,  una  cooperazione con la potenza creativa di Dio» ( p. 269).

In conclusione, possiamo dire che le molteplici interpretazioni analizzate da Leone, sorte dal contesto storico-teologico, costituiscono la geografia morale di questo testo, il quale ci fa comprendere che ogni uomo non può sottrarsi alla propria vocazione morale. Una vocazione morale che, se vissuta fino in fondo, può condurre l’uomo sul sentiero della fede, rivelando come la persona sia un mistero aperto alla trascendenza anche, e forse soprattutto, nel campo della vita affettiva.

 

 

Vincenzo Isaia

 
     
     
 
 
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