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ISSN 1970-7932

Associazione Thomas International
Num. 7 - Settembre 2008 
     
 

 Editoriale

Perché la Bioetica è importante

 

La nostra rivista telematica sta per trasferirsi anche sulla carta stampata. La decisione di assumerci questo nuovo onere è scaturita soprattutto dal desiderio –unito alla speranza- di poter raggiungere un maggior numero di lettori (in un mondo informatizzato ci sono ancora molti che hanno poca dimestichezza con lo strumento telematico) e per offrire a chi già conosce “Questioni di Bioetica” un ulteriore aiuto per renderne più facile e comoda la lettura.

La scelta operata comporta evidentemente anche un maggior impegno economico e pertanto contiamo sulla collaborazione di tutti per promuovere nuove adesioni alla nostra iniziativa.

“Questioni di Bioetica” non costituisce ovviamente né la prima né l’ultima delle produzioni editoriali nel campo della Bioetica. E proprio il proliferare in tutto il mondo di riviste e libri in questo settore del sapere è un chiaro indice dell’interesse e dell’importanza che vengono attribuiti a questa scienza. Proviamo allora a chiedercene il perché.

La Bioetica, come suggerisce la stessa etimologia, si occupa di tutte quelle questioni che attengono alla vita (umana, animale, vegetale) studiandole dal punto di vista dell’eticità del comportamento dell’uomo. E’ sufficiente scorrere l’indice di un qualsiasi testo di Bioetica per rendersi subito conto del rilievo che la gran parte dei problemi affrontati rivestono per la società civile e per il futuro dell’umanità. Basti citare –in modo certamente non esaustivo e senza un ordine di importanza- tutte le tematiche che si riferiscono alla sessualità umana e alla procreazione, quelle relative alla tutela della vita umana e al rispetto per gli animali e quelle che affrontano i temi dell’ecologia e della salvaguardia dell’ambiente.

Si potrebbe erroneamente pensare che lo studio della Bioetica e la riflessione su queste problematiche siano compito di una ristretta cerchia di specialisti. Così non è, per alcune ragioni che inducono a considerarla di concreto interesse anche per l’uomo della strada.

L’agire umano si caratterizza per un aspetto essenziale e unico costituito dalla possibilità di scegliere liberamente tra più comportamenti possibili. L’uomo, cioè, è dotato di una volontà libera e proprio per questo è moralmente responsabile delle proprie azioni.

Esiste un principio universalmente riconosciuto che è quello che bisogna cercare sempre di fare il bene ed evitare il male. Ciò che non viene altrettanto facilmente e universalmente riconosciuta, però, è la moralità delle diverse tipologie di azioni. In altre parole, non sempre si è tutti d’accordo nel giudicare moralmente buona o cattiva una stessa azione.

Un secondo principio universalmente accettato è quello per cui ogni persona deve agire sempre secondo coscienza, vale a dire deve cercare di compiere quell’azione che in coscienza ritiene essere la più giusta da un punto di vista morale. Da questo secondo principio deriva l’importanza pratica di rendere questo giudizio della coscienza quanto più conforme al valore morale oggettivo di ogni singola azione. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso una riflessione etica alla quale concorrono soprattutto l’educazione ricevuta (in famiglia, a scuola, nella comunità religiosa) e lo studio personale.

Da queste semplici premesse si può dedurre l’interesse sia teorico che pratico che rivestono gli argomenti oggetto della Bioetica. Si tratta, infatti, di un insieme di situazioni e di comportamenti pratici che –in un modo o nell’altro- coinvolgono di fatto la totalità degli uomini e che comportano difficili valutazioni etiche per la complessità e la variabilità delle circostanze nelle quali si realizzano. Non si può, quindi, né affidarsi passivamente al giudizio e al criterio altrui (medici, mezzi di comunicazione, ecc.), né formarsi un criterio etico personale con un approccio superficiale e istintivo. Tanto più che oggi viviamo in un contesto multiculturale e fortemente pluralistico dove è importante saper dialogare anche con chi non “la pensa come noi” e, di conseguenza, è importante riuscire a motivare in modo sereno e convincente le proprie scelte etiche.

La nostra rivista, in definitiva, vuole essere anche questo: un piccolo, ma concreto aiuto per maturare nel campo della Bioetica convincimenti etici solidi e motivati, cercando soprattutto di rimuovere uno dei principali ostacoli all’agire retto e virtuoso dell’uomo: l’ignoranza.

Di questo nuovo numero di “Questioni di Bioetica” segnaliamo quattro articoli.

I primi due, uno di Massimo Reichlin, l’altro di Pietro Cognato, riprendono, in parte, la discussione svoltasi durante il Seminario “Quale fondazione della norma ‘non uccidere’?” svoltosi a Palermo per il Ciclo di Incontri di Bioetica organizzato dalla nostra rivista. Il terzo articolo, di Giusy Venuti e dal titolo “Il problema dell’empatia nella relazione di cura”, affronta il tema della relazione tra medico e paziente, illustrando caratteristiche e limiti di un rapporto basato sull’empatia definita come “l’atto del comprendere, dell’essere consapevole dei sentimenti, delle esperienze, dei pensieri dell’altro”. Un quarto articolo, a firma di Alessandro Pizzo e Giovanna Badia affronta un “caso bioetico”, quello cioè relativo all’attribuzione degli status personae e la deduzione dei corrispondenti munera nella filiazione a seguito di surrogazione di maternità.

Non ci resta che augurare a tutti i nostri Lettori una proficua lettura.

 

 

Angelo Cafaro

 
     
     
 
 
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