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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 90

Sull’essenza della legge

ARTICOLO 1

 

La legge è qualcosa che appartiene alla ragione?

 

 

Circa il primo punto procediamo così. Sembra che la legge non sia qualcosa che appartiene alla ragione. Dice, infatti, l’Apostolo nella Lettera ai Romani (7, 23): «Vedo un’altra legge nelle mie membra, ecc…» Ma niente che appartiene alla ragione è nelle membra, poiché la ragione non si serve di uno strumento corporeo. Dunque la legge non è qualcosa che appartiene alla ragione.

 

2. Inoltre, nella ragione non vi è nulla se non potenza, abito e atto. Ma la legge non è la potenza stessa della ragione. Similmente non è neppure un qualche abito della ragione, poiché abiti della ragione sono le virtù intellettuali, delle quali si è detto sopra (q. 57). E neppure è un atto della ragione, perché, se lo fosse, cessando l’atto della ragione, come nei dormienti, cesserebbe la legge. Dunque la legge non è qualcosa che appartiene alla ragione.

 

3. Inoltre, la legge muove ad agire rettamente quelli che ad essa sono soggetti. Ma, come è chiaro dalle cose premesse (q. 9, a.1), muovere ad agire appartiene propriamente alla volontà. Dunque la legge non appartiene alla ragione, ma piuttosto alla volontà, secondo quello che anche l’esperto di legge dice: “ciò che piace al principe ha valore di legge” (D. I, 4, 1).

 

Ma di contro vi è il fatto che alla legge spetta ordinare e proibire. Ma comandare, come sopra è stato stabilito (q.71, a.1), è proprio della ragione. Dunque la legge è qualcosa che appartiene alla ragione.

 

Rispondo dicendo che la legge è una certa regola e misura degli atti secondo la quale qualcuno viene spinto ad agire o distolto dal farlo. La parola legge [lex] viene infatti da legare [ligare], poiché obbliga [obligat] ad agire. Ora, regola e misura degli atti umani è la ragione che è il primo principio degli atti umani, come è chiaro dalle cose dette prima. (q.1, a.1 ad 3) È proprio infatti della ragione ordinare verso il fine, che è il primo principio nell’ambito dell’agire [in agendis], secondo il Filosofo (Phys. II, 9; Eth. Nic. VII 8). D’altra parte, in ogni genere di cose, ciò che è il principio, come l’unità nel genere del numero e il primo movimento nel genere dei movimenti, costituisce la misura e la regola di quel genere. Perciò rimane che la legge è qualcosa che appartiene alla ragione.

 

Risposta al primo argomento: essendo la legge appunto regola e misura, si dice che esiste in qualcosa in due modi. In un modo, la legge esiste come in ciò che misura e regola; e poiché questo è proprio della ragione, in questo modo la legge è solo nella ragione. In altro modo, la legge esiste come in ciò che è misurato e regolato; e così la legge è in tutte le cose sono inclinate verso qualcosa da una qualche legge: così qualsiasi inclinazione proveniente da una qualche legge, può esser detta legge, non essenzialmente ma in un certo qual modo per partecipazione. E in questo modo la stessa inclinazione delle membra alla concupiscenza viene chiamata «legge delle membra».

 

Risposta al secondo argomento: così come negli atti esterni si può considerare l’operazione [operatio] e il risultato di essa [operatum] – come, ad esempio, la costruzione e ciò che è costruito – allo stesso modo nelle opere della ragione si può considerare l’atto stesso della ragione, che è comprendere e ragionare, e ciò che in tal modo attraverso tale atto viene costituito. E questo nell’ordine speculativo è in primo luogo la definizione, in secondo luogo l’enunciazione, in terzo luogo senza dubbio il sillogismo o argomentazione. E poiché anche la ragione pratica si serve di una specie di sillogismo riguardo alle azioni che possono essere realizzate [in operabilibus], come sopra è stato trattato (q.13, a.3; q.76, a.1) e secondo ciò che il Filosofo insegna nel settimo libro dell’Etica Nicomachea, perciò occorre rintracciare nella ragione pratica qualcosa che stia alle operazioni, nello stesso rapporto in cui si trova la proposizione rispetto alle conclusioni nella ragione speculativa. E in tal modo le proposizioni universali della ragione pratica ordinate all’azione, hanno natura di legge [rationem legis]. E codeste proposizioni talora sono considerate alla maniera dell’atto [actualiter], talora la ragione le possiede alla maniera dell’abito [habitualiter].

 

Risposta al terzo argomento: la ragione, come è stato detto sopra (q.17, a.1), dalla volontà riceve la forza di muovere: infatti a partire dal fatto che qualcuno vuole un fine, la ragione comanda circa quelle cose che sono in vista del fine. Ma affinché la volontà delle cose che sono comandate, abbia natura di legge [rationem legis], è necessario che sia regolata da una qualche ragione. E in questo modo si comprende che la volontà del principe ha vigore di legge: altrimenti la volontà del principe sarebbe un’iniquità più che una legge.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova