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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 98

Sulla legge antica

ARTICOLO 1

 

La legge antica era buona?

 

 

Circa il primo punto procediamo così: Sembra che la legge antica non fosse buona. Dice infatti Ezechiele (20, 25): «Diedi loro precetti non buoni e giudizi dai quali non avranno la vita». Ma la legge non si dice buon se non per la bontà dei precetti che contiene. Dunque, la legge antica non era buona.

 

2. Inoltre, alla bontà della legge appartiene l’essere di giovamento per la pubblica utilità, come dice Isidoro (2 Etymol., c. 10; 5, c. 21). Ma la legge antica non provvedeva alla salvezza, ma era piuttosto mortifera e nociva. Dice infatti l’Apostolo, nella Lettera ai Romani (7, 8  e ss.): «Senza la legge il peccato era morto. Io vivevo senza legge una volta: ma quando sopraggiunse il comando il peccato riprese vita e io morii». E ancora (5, 20): «La legge sopraggiunse perché abbondasse il delitto». Dunque, la legge antica non era buona.

 

3. Inoltre, fa parte della bontà della legge che sia possibile osservarla, sia secondo natura, sia secondo l’umana consuetudine: ma la legge antica non aveva queste caratteristiche; dice infatti Pietro negli Atti degli Apostoli (15, 10):«Perché tentate di imporre sul collo dei discepoli un giogo, che né noi, né i nostri padri abbiamo potuto portare?». Dunque, sembra che la legge antica non sia stata buona.

 

Ma di contro vi è ciò che l’Apostolo dice nella Lettera ai Romani (7, 12): «Così la legge è santa e il suo comando è santo, giusto e buono».

 

Rispondo dicendo che senza alcun dubbio la legge antica era buona. Come infatti una dottrina mostra di essere vera concordando con la retta ragione, così anche una legge mostra di essere vera concordando con la ragione. Ora la legge antica concordava con la ragione. Poiché reprimeva la concupiscenza [concupiscentiam], che è contraria alla ragione, come emerge da precetto posto nel libro dell’Esodo (20, 15): «Non desiderare [concupisces] la roba del tuo prossimo». Inoltre essa proibiva tutti i peccati, che sono contro la ragione. Di conseguenza è chiaro che era buona. E questo argomento è svolto anche dall’Apostolo nella Lettera ai Romani (7, 22): «Mi diletto» dice «della legge di Dio nel mio intimo», oppure (16) «Concordo con la legge, perché riconosco  che è buona».
Ma occorre notare che il buono ha diversi gradi, come Dionigi dice (De Div. Nom. 4, 16): c’è un bene perfetto e un bene imperfetto. Perfetta è la bontà in quelle cose che sono ordinate al fine, quando c’è qualcosa che è tale da essere per sé sufficiente a raggiungere il fine; imperfetto è invece il bene che in qualche modo contribuisce a che il fine sia conseguito, tuttavia non basta da solo a raggiungere il fine. Così una medicina perfetta buona è quella che guarisce l’uomo, imperfetta è invece quella che aiuta l’uomo, ma tuttavia non può guarirlo. Ora si deve anche sapere che il fine della legge umana è diverso dal fine della legge divina. Infatti il fine della legge umana è la tranquillità temporale dello stato e a questo fine la legge perviene reprimendo gli atti esterni, come mali che potrebbero portare turbamento alla pace dello stato. Invece, il fine della legge divina è condurre gli uomini a quel fine che è la felicità eterna; e il raggiungimento di codesto fine può certamente essere impedito da qualsiasi peccato, e non solo dagli atti esterni, ma anche da quelli interni. E perciò quello che è sufficiente per la perfezione della legge umana – come cioò proibire i peccati e comminare le pene – non è sufficiente per la perfezione della legge divina: è necessario che essa rende l’uomo totalmente idoneo a partecipare della felicità eterna. E questo non può avvenire che mediante la grazia dello Spirito Santo, attraverso la quale «la carità si diffonde nei nostri cuori» (Ad Rom. 5, 5). E la carità adempie la legge: «dalla grazia di Dio» infatti «la vita eterna», come si dice nella Lettera ai Romani (6, 23). Ora la legge antica non poteva conferire la grazia, cosa che era riservata a Cristo, perché come dice Giovanni nel suo Vangelo (1, 17), «La legge fu data attraverso Mosè; la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo». E perciò la legge antica è certamente buona, ma imperfetta, secondo quanto si legge nella Lettera agli Ebrei (7, 19) «la legge non ha portato nulla a perfezione».

 

Risposta al primo argomento: il Signore parla qui dei precetti cerimoniali, questi sono detti non buoni perché non conferivano la grazia, attraverso la quale gli uomini sono mondati dal peccato, sebbene in tal modo manifestano il loro essere peccatori. Di conseguenza chiaramente si dice: «e giudizi dai quali non avranno la vita», cioè dai quali non possono ottenere la vita della grazia; e dopo si aggiunge: «Li lasciai contaminarsi con le loro oblazioni», cioè mostrai che erano contaminati, «quando offrivano i primogeniti per i loro peccati».

 

Risposta al secondo argomento: si dice che la legge uccideva non certamente in modo effettivo, ma come occasione, a causa della sua imperfezione: nella misura in cui, cioè, non conferiva la grazia, attraverso la quale gli uomini avrebbero potuto adempiere quello che comandava, o evitare quello che essa vietava. Quindi questa occasione non era data, ma presa dagli uomini. Di conseguenza anche l’Apostolo nello stesso luogo dice: «Il peccato, presa occasione dal precetto, mi sedusse, e attraverso esso mi uccise». – E per questa ragione si dice anche che «la legge subentrò, sì che [ut] abbondò il delitto», dove il valore dell’ ‘ut’ va considerato consecutivo, non causale; in quanto cioè gli uomini prendendo occasione dalla legge, peccarono più abbondantemente; sia perché il peccato divenne più grave dopo la proibizione della legge, sia anche perché crebbe la concupiscenza, infatti desideriamo [concupiscimus] di più ciò che è ci viene proibito.

 

Risposta al terzo argomento: non era possibile portare il giogo della legge senza l’aiuto della grazia, la legge non dava; si dice infatti nella Lettera ai Romani (9, 16), «non è di chi vuole né di chi corre» volere e correre nei precetti di Dio, «ma è opera della misericordia di Dio». Di conseguenza, anche nel Salmo 118 (32) si dice: «La via dei tuoi precetti ho corso, quando tu hai dilatato il mio cuore», cioè attraverso il dono della grazia e della carità.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova