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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 100

Sui precetti morali

ARTICOLO 5

 

I precetti del decalogo sono enumerati in modo opportuno?

 

 

Circa il quinto punto procediamo così: sembra che i precetti del decalogo non siano enumerati in modo opportuno (Es. 20; 8; Deut. 5, 6 e ss.). Infatti, il peccato, come dice Ambrogio (De Paradiso) è «trasgressione della legge divina e disobbedienza ai comandamenti celesti». Ma i peccati si distinguono in peccati contro Dio, peccati contro il prossimo, peccati contro se stessi. Poiché dunque nei precetti del decalogo non vi sono precetti circa i doveri che l’uomo ha verso se stesso, ma solo verso Dio e verso il prossimo, l’enumerazione dei precetti del decalogo sembra insufficiente.

 

2. Inoltre, al culto degli dei appartiene come l’osservanza del sabato, così anche l’osservanza di altre solennità e l’immolazione dei sacrifici. Ma tra i precetti del decalogo ce n’è uno relativo all’osservanza del sabato. Dunque, dovevano esserci anche quelli relativi ad altre solennità e al rito dei sacrifici.

 

3. Inoltre, come accade di peccare contro Dio spergiurando, così anche essendo blasfemi o dicendo cose false contro la verità divina. Ma vi è un precetto che proibisce lo spergiuro: «Non nominare il nome di Dio invano». Dunque, i peccati di blasfemia, di falsa dottrina, dovevano essere proibiti da qualche altro precetto.

 

4. Inoltre, come l’uomo nutre un naturale amore per i genitori, così anche verso i figli. Il comandamento della carità si estende a tutti coloro che sono prossimi. Ora, i precetti del decalogo sono ordinati alla carità, in base a quello che si dice nella Prima lettera ai Timoteo (1, 5): «fine del  precetto è la carità». Dunque, come c’è un precetto relativo ai genitori, così anche dovevano esservi precetti relativi ai figli e agli altri prossimi.

 

5. Inoltre, in qualsiasi genere di colpa si può peccare con il pensiero e con le opere. Ma certi generi di peccati, cioè il furto e l’adulterio, vengono proibiti sia come opere -  «Non commettere adulterio»; «Non rubare» - sia come peccati del pensiero - «Non desiderare la roba del tuo prossimo» e «Non desiderare la moglie del tuo prossimo». Dunque, si doveva fare lo stesso per il peccato di omicidio e di falsa testimonianza.

 

6. Inoltre, come accade che il peccato venga dal disordine del concupiscibile, così anche può venire dal disordine dell’irascibile. Ora ci sono dei precetti per proibire i primi, che dicono «Non desiderare». Dunque, nel decalogo dovevano essere posti anche altri precetti con i quali proibire i peccati che vengono dal disordine dell’irascibile. Sembra, pertanto, che i precetti del decalogo non siano enumerati in modo opportuno.

 

Ma di contro vi è ciò che dice il Deuteronomio (4, 13): «Egli vi fece noto il suo patto che vi comandò di osservare e dieci parole che egli scrisse su due tavole di pietra».

 

Rispondo dicendo che, come è stato detto sopra (a. 2), mentre i precetti della legge umana ordinano ad una comunità umana, i precetti della legge divina ordinano l’uomo ad una certa comunità o società degli uomini sotto il governo di Dio. Ora, perché qualcuno si comporti bene in una data società, si richiedono due cose: primo un contegno corretto verso colui che governa tale comunità; secondo un comportamento corretto verso gli altri uomini che fanno parte della medesima società. È necessario, dunque, che nella legge divina prima di tutto siano datai dei precetti che ordinano l’uomo a Dio; in secondo luogo, altri precetti che ordinano l’uomo verso il suo prossimo con il quale convive sotto il governo di Dio.
Ora, verso chi governa la comunità, l’uomo ha tre doveri: in primo luogo, la fedeltà; in secondo luogo, il rispetto; in terzo luogo, il servizio. La fedeltà verso un padrone consiste nel non dare ad altri l’onore della sovranità. E pertanto il primo precetto dice «Non avrai dei stranieri». Il rispetto verso un padrone richiede che non si commetta niente di ingiurioso verso di lui. E pertanto il secondo precetto dice «Non nominerai il nome di Dio invano». Il servizio è dovuto al padrone come ricompensa dei benefici che da lui ricevono i sudditi. E a questo fa riferimento il terzo precetto sulla santificazione del sabato in memoria della creazione delle cose.
Verso il prossimo, invece, l’uomo ha dei doveri specifici e generali. Speciali verso quelli cui è debitore, cioè di restituire loro il debito. E pertanto abbiamo il precetto sull’onorare i genitori. – I doveri generali sono quelli di non danneggiare nessuno, né con le opere, né con i pensieri. Si può danneggiare il prossimo con opere, nella persona sua propria, attentando cioè alla sua incolumità personale. E questo è proibito dove si dice: «Non uccidere». – E si può danneggiare nella persona ad esso legata nella propagazione della prole. E questo è proibito dove si dice: «Non commettere adulterio». – Ancora, si può danneggiare anche nelle cose possedute che sono ordinate ad un fine o ad un altro. E, riguardo a questo, si dice: «Non rubare». – Inoltre, il danno che si può infliggere con le parole, è proibito dove si dice: «Non dire contro il tuo prossimo falsa testimonianza». – Il danno che, invece, si può infliggere con il pensiero, è proibito dove si dice: «Non desiderare».
E in base a questo schema si possono distinguere tre precetti che ordinano a Dio. E di questi il primo riguarda le opere, quindi si dice: «Non fare sculture». Il secondo la parola, quindi si dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Il terzo riguarda il cuore, poiché nella santificazione del sabato, in quanto si tratta di un precetto morale, si comanda il riposo del cuore in Dio. – Oppure, seguendo Agostino (In Psalm. 32, serm. 1) possiamo dire che con il primo precetto onoriamo l’unità del principio primo, con il secondo la verità divina, con il terzo la sua bontà, dalla quale siamo santificati e in cui riposiamo come nel nostro fine.

 

Al primo argomento si può rispondere in due modi: 1) I precetti del decalogo si riconducono ai precetti dell’amore. Ora, bisognava dare all’uomo i precetti dell’amore verso Dio e verso il prossimo, o perché in questo la legge naturale si era oscurata a causa del peccato; mentre, riguardo all’amore verso se stessi, vigeva ancora la legge naturale. – Oppure perché anche l’amore verso se stessi è incluso nell’amore verso Dio e verso il prossimo: l’uomo ama veramente se stesso quando si ordina a Dio. E perciò anche nei precetti del decalogo si trovano solo i precetti circa l’amore verso Dio e verso il prossimo.
2) I precetti del decalogo sono quelli che il popolo ricevette direttamente da Dio; infatti si dice nel Deuteronomio (10, 4): «Scrisse sulle tavole, come aveva scritto prima, le dieci parole, che il Signore vi aveva detto». Di conseguenza, è necessario che i precetti del decalogo siano tali da esser colti subito dalla mente del popolo. Ora il precetto ha natura di cosa dovuta [rationem debiti].  E che l’uomo abbia dei doveri verso Dio e verso il prossimo viene colto facilmente dagli uomini, e in particolar modo dai fedeli. Ma che vi siano per necessità dei doveri verso se stessi e non verso un altro, questo non appare chiaro così rapidamente. Infatti, sembra a prima vista che ciascuno sia libero rispetto alle cose che lo riguardano. E perciò i precetti con i quali sono proibiti i disordini che si verificano nell’uomo, giungono al popolo attraverso gli insegnamenti dei sapienti. Dunque, non appartengono al decalogo.

 

Risposta al secondo argomento: le solennità della legge antica furono istituite per commemorare un certo beneficio divino, o passato da ricordare, o futuro da prefigurare. E, in maniera simile, per questo erano offerti tutti i sacrifici. Ora, tra tutti i benefici divini da commemorare, il primo e più importante era quello della creazione, che viene commemorato nella santificazione del sabato. Di conseguenza, come giustificazione di questo precetto, nell’Esodo (20, 11) si afferma: «In sei giorni il Signore fece il cielo e la terra…». E tra tutti i benefici futuri, che poterono essere prefigurati, quello più importante e finale è il riposo della mente in Dio, o nel tempo presente con la grazia, o nel futuro con la gloria; e queste cose sono anche prefigurate nell’osservanza del sabato. Di conseguenza, si legge nel libro di Isaia (58, 13): «Se tratterrai il tuo piede il giorno di sabato, senza fare la tua volontà nel giorno a me consacrato, e se chiamerai sabato il giorno delle delizie, e il giorno santo e glorioso del Signore…».Questi benefici infatti primariamente e principalmente sono nella mente degli uomini, soprattutto dei fedeli. Invece le altre solennità venivano celebrate per alcuni benefici particolari che si sono verificati in un dato tempo: tale era la celebrazione della Pasqua per il passato beneficio della liberazione dall’Egitto, e per la futura passione di Cristo, ormai storicamente passata, che doveva portarci al riposo del sabato spirituale. E perciò, trascurando tutte le altre solennità e i sacrifici, tra i precetti del decalogo viene ricordato soltanto il sabato.

 

Risposta al terzo argomento: come dice l’Apostolo nella Lettera agli Ebrei (6, 17) «gli uomini  giurano per uno più grande di loro e il giuramento è fine di ogni loro controversia». E perciò, poiché il giuramento è comune a tutti, si proibisce ogni disordine in esso con un precetto speciale del decalogo. Invece, il peccato di falsa dottrina non riguarda se non pochi, quindi non era necessario che di esso si facesse menzione nei precetti del decalogo. Tuttavia, secondo una certa interpretazione, quando si dice «Non nominare il nome di Dio invano» si proibisce la falsa dottrina; la Glossa infatti spiega: «Non dire che Cristo è una creatura».

 

Risposta al quarto argomento: in maniera immediata la ragione naturale comanda all’uomo di non fare ingiuria a nessuno; e perciò i precetti che proibiscono di nuocere si estendono a tutti. Invece, la ragione naturale non comanda in maniera immediata di fare qualche cosa per un altro, se non a colui al quale si deve qualche cosa. Ora, il debito dei figli verso il padre è talmente ovvio da non potersi negare  con nessun pretesto, poiché il padre è principio della generazione e dell’essere, e inoltre dell’educazione e della dottrina. E perciò non rientra nei principi del decalogo si presti aiuto o si ossequi altro che i genitori. I genitori, poi, non possono essere debitori verso i figli per i benefici ricevuti, ma è piuttosto vero il contrario. – Inoltre il figlio è qualcosa del padre e «i padri amano i figli come qualcosa di se stessi», come dice il Filosofo nell’ottavo libro dell’Etica Nicomachea (c.12). Di conseguenza, per queste ragioni, non sono stati posti dei precetti del decalogo relativi all’amore verso i figli, come nemmeno dei precetti che ordinano all’amore verso se stessi.

 

Risposta al quinto argomento: il piacere dell’adulterio e l’utilità delle ricchezze sono cose appetibili per se stesse, in quanto hanno natura di bene piacevole o utile. E per questo era necessario rispetto ad essi che venissero proibite non solo le opere, ma anche il desiderio. Ma l’omicidio e la falsità sono in se stessi orribili, perché il prossimo e la verità sono per natura oggetti d’amore; l’omicidio e la falsità non si desiderano se non per qualche altro motivo. E perciò non era necessario che, a proposito del peccato di omicidio e di falsa testimonianza, si proibisse il peccato del cuore, ma bastava la proibizione delle opere.

 

Risposta al sesto argomento: come è stato detto sopra (q. 25, a. 1), tutte le passioni dell’irascibile derivano dal concupiscibile. E perciò nei precetti del decalogo, che sono come i primi elementi della legge, non si faceva menzione della passioni dell’irascibile, ma solo  delle passioni del concupiscibile.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova