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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 101

Sui precetti cerimoniali in se stessi

ARTICOLO 2

 

I precetti cerimoniali sono figurativi?

 

 

Circa il secondo punto procediamo così. Sembra che i precetti cerimoniali non siano figurativi. è infatti compito di qualsiasi insegnante esprimersi in modo da poter essere compreso facilmente, come dice Agostino [De Doctr. Christ. 4, cc. 8 e 10].  E questo sembra esser soprattutto necessario nel dare una legge: poiché i precetti della legge sono diretti al popolo. Quindi la legge deve essere chiara, come dice Isidoro [2 Etymol., c. 10, 5; c. 21]. Se dunque i precetti cerimoniali sono dati per figurare qualche cosa, sembra che Mosé li abbia esposti in maniera poco appropriata, non esponendo che cosa figuravano.

 

2. Inoltre, le cose che sono compiute per il culto di Dio devono avere il massimo decoro. Ma fare delle cose e per rappresentarne altre sembra essere qualcosa che appartiene al teatro o alla poesia: nei teatri infatti venivano un tempo rappresentate le cose compiute dagli personaggi con ciò che si faceva sulla scena. Quindi sembra che queste cose non sono da farsi per il culto di Dio. Ma le norme cerimoniali sono ordinate al culto di Dio, come è stato detto. Quindi i precetti cerimoniali non devono essere figurativi.

 

3. Inoltre, Agostino dice [Enchirid. cc. 3 e 4]  che «Dio si onora soprattutto con la fede, speranza e la carità». Ma i precetti che sono dati circa la fede, speranza e la carità, non sono figurativi. Dunque i precetti cerimoniali non devono essere figurativi.

 

4. Inoltre, il Signore ha detto [Gv. 4, 24]: «Dio è spirito e quelli che lo adorano, devono adorarlo in spirito e verità». Ma la figura non le la verità stessa: anzi le due cose si contrappongono. Dunque i precetti cerimoniali, che riguardano il culto di Dio, non devono essere figurativi.

 

Ma di contro vi è quello che dice l’Apostolo (Col. 2, 16): «Nessuno vi giudichi in quanto al cibo o alla bevanda, o alla partecipazione alle feste ai noviluni o ai sabati, le quali cose sono l'ombra delle realtà future».

 

Rispondo dicendo che, come è stato già detto [a. prec., q. 99, aa. 3 e 4], si dicono cerimoniali quei i precetti morali ordinati al culto di Dio. Il culto di Dio è infatti il duplice: interiore ed esteriore. Infatti, essendo l'uomo composto di anima e di corpo, entrambe queste parti devono essere dedite al culto di Dio, l'anima per onorarlo con un culto interiore, e il corpo con un culto esteriore: di conseguenza si dice nel Salmo 83 (3): «il mio cuore e la mia carne esultano verso il Dio vivente». E, come il corpo é ordinato a Dio mediante l'anima, così il culto esteriore é ordinato al culto interiore. Ora, il culto interiore consiste nel fatto che l'anima si unisce a Dio attraverso l'intelletto e l'affetto. E perciò, in base ai diversi modi in cui l'intelletto e l'affetto degli adoratori di Dio si congiungono a Dio rettamente, gli atti degli uomini finalizzati al culto di Dio hanno applicazioni diverse.
Infatti nello stato della beatitudine futura, l'intelletto umano vedrà la stessa verità divina nella sua essenza. Perciò il culto esterno non consisterà in alcuna figura, ma solo nella lode di Dio, che sgorga dall'interiore cognizione e affezione, secondo quello che dice il profeta Isaia (51, 3): «Il gaudio e la letizia in essa si troveranno, l'inno di grazie e la voce di lode».
Invece, nello stato della vita presente, non possiamo vedere la stessa verità divina nella sua essenza, ma è necessario che ci giunga un raggio d della divina verità sotto forma di qualche figura sensibile, come dice Dionigi (Cael. Hier. cap. 1): in maniera diversa, secondo i diversi gradi della conoscenza umana. Infatti nella legge antica la verità divina ne si era manifestata in se stessa, né era stata ancora aperta la via per giungere a destra, come dice l’Apostolo nella Lettera agli ebrei (9, 8). E perciò era necessario che il culto della legge antica non solo raffigurasse la verità che in futuro doveva essere manifestata nella patria, ma raffigurasse anche il Cristo, il quale è la via che conduce a quella verità della patria. Ma, nello stato della legge nuova, questa via è già stata rivelata. Di conseguenza non è necessario prefigurarla come futura, ma è necessario ricordarla come cosa passata o presente: ma soltanto è necessario prefigurare la verità futura della gloria, che ancora non rivelata. Ed è questa la ragione per cui l'apostolo dice (Eb. 10, 1): «La legge ha un'ombra dei beni futuri, non dell'immagine stessa delle cose». L'ombra infatti è meno dell'immagine, come per dire che l'immagine si riferisce alla legge nuova, l'ombra a quella antica.

 

Risposta al primo argomento: le cose divine non si devono rivelare agli uomini se non in base alla loro capacità: altrimenti si da loro soltanto un motivo d'inciampo, poiché disprezzerebbero ciò che non potrebbero capire. E perciò fu utile che i divini misteri venissero insegnati al popolo sotto il velo delle figure, in modo da poterli riconoscere in maniera implicita, dando onore a Dio attraverso quelle figure.

 

Risposta al secondo argomento: come le espressioni poetiche non sono comprese dalla ragione umana per il difetto di verità che è in esse, così anche la ragione umana non può capire perfettamente le cose divine a causa dell'eccedenza della loro vita. E perciò in entrambi i casi è necessario fare uso della rappresentazione attraverso figure sensibili.

 

Risposta al terzo argomento: in quel testo Agostino parla del culto interiore; ad esso tuttavia si deve ordinare il culto esteriore, come abbiamo detto.

E similmente si deve rispondere al quarto argomento: poiché attraverso il Cristo gli uomini furono pienamente introdotti al culto spirituale di Dio.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova