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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 102

Sulle cause dei precetti cerimoniali

ARTICOLO 5

 

Vi può essere una causa appropriata

dei sacramente della legge antica?

 

 

Circa il quinto punto procediamo così. Sembra che non vi possa essere una causa appropriata dei sacramenti della legge antica. Le cose che sono fatte per il culto di Dio, infatti, non devono essere simili alle pratiche osservate dagli idolatri. Dice infatti il Deuteronomio (12, 31): «Non agirai così verso il Signore tuo Dio, perchè essi hanno fatto per i loro dei quanto è  in abominio e in odio al Signore». Ora, quelli che adorano gli idoli, nei loro riti, si ferivano fino allo spargimento di sangue. Dice infatti la Scrittura: «si facevano incisioni con spade e lance, secondo la loro usanza, fino a versare sangue» (1 Reg. 18, 28). Per questo il Signore comandò: «Non vi farete incisioni, né vi raderete per un morto» (Deut. 14, 1). Dunque in maniera non appropriata, nella legge, fu istituita la circoncisione [Lev. 12, 3].

 

2. Inoltre, le cose che sono fatte per il culto di Dio, devono avere compostezza e gravità, secondo quanto dice il Salmo 34 (18): «Ti loderò in mezzo ad un popolo grave». Ma mangiare in fretta sembra implicare una certa levità. Pertanto in maniera non appropriata fu comandato di mangiare in fretta l’agnello pasquale [Es. 12, 11]. E anche le altre prescrizioni circa tale banchetto, sembrano essere del tutto irrazionali.

 

3. Inoltre, i sacramenti della legge antica erano figura dei sacramenti della legge nuova. Ora, attraverso l’agnello pasquale, era prefigurato il sacrificio dell’Eucarestia, secondo quanto si legge nella Prima Lettera ai Corinti (5, 7): «La nostra Pasqua, Cristo, è immolata». Dunque dovevano esserci anche altri sacramenti, nella legge antica, che prefigurassero quelli della legge nuova, come la Confermazione, l’Estrema Unzione, il Matrimonio e gli altri sacramenti.

 

4. Inoltre, la purificazione non può adeguatamente avvenire se non  per cose immonde. Ma rispetto a Dio, nessuna cosa dotata di corpo è da ritenersi immonda, perchè ogni corpo è creatura di Dio e «ogni creatura di Dio è buona e nessuna da disprezzare, quando venga accolta con animo grato», come si afferma nella Prima Lettera a Timoteo (4, 4). In maniera non appropriata quindi ci si purificava per il contatto con un uomo morto o per altri simili contaminazioni materiali.

 

5. Inoltre, la Scrittura dice: «Cosa potrà essere mondato da ciò che è immondo?» (Eccli. 34, 4). Ora, la cenere ricavata quando viene bruciata la vacca rossa era immonda, poiché rendeva immondi; si legge infatti del libro dei Numeri (19, 7 e ss.) che il sacerdote che immolar va tale vacca restava il mondo fino al vespro, così come quello che ella bruciava, e persino anche quello che ne raccoglieva la cenere. Dunque in maniera non appropriata fu dato, nella legge antica, il precetto di purificare gli immondi cospargendoli con codesta cenere.

 

6. Inoltre, i peccati non sono qualcosa di corporeo, che possa essere trasportata da un luogo all'altro, né l'uomo può essere mondato dai peccati attraverso qualcosa di immondo. In maniera non appropriata, dunque, per purificare i peccati del popolo il sacerdote poneva sopra un capro i peccati di figli d'Israele, perché li portasse nel deserto, e si serviva di un altro carro per le purificazioni, bruciandolo fuori dagli accampamenti, restandone contaminato, in modo che era necessario purificare con l'acqua il corpo e le vesti.

 

7. Inoltre, ciò che è già mondo, non è necessario mondarlo di nuovo. In maniera non appropriata, dunque, dopo che un uomo, o una casa, erano stati mondati dalla lebbra, si apprestava un'altra purificazione, come emerge dal libro del Levitico (14).

 

8. Inoltre, l’impurità spirituale non può essere eliminata con l'acqua materiale, o con il radersi. Sembra dunque irrazionale che il Signore abbia comandato [Es. 30, 18 e ss.] che si costruisse una vasca di rame con il suo basamento per lavare le mani e piedi dei sacerdoti che entravano nel tabernacolo; e sembra irrazionale anche la prescrizione [Num. 7, 7] in base alla quale i leviti dovevano aspergersi con acqua lustrale e radersi completamente il corpo.

 

9. Inoltre, ciò che è superiore non può essere santificato da una cosa che è inferiore. In maniera non appropriata, dunque, con unzioni, sacrifici e offerte materiali avveniva, secondo la legge antica, la consacrazione dei sacerdoti maggiori e minori, come emerge dalle libro del Levitico (8), e dei leviti, come emerge dal libro dei Numeri (8, 5 e ss).

 

10. Inoltre, così come si dice nel Primo Libro dei Re (16, 7): «Gli uomini guardano a ciò che appare, il Signore guarda il cuore». Ora ciò che appare esternamente in un uomo sono la sua disposizione corporea e i suoi indumenti. In maniera non appropriata, dunque, per i sacerdoti maggiori e minori erano indicati certi speciali abbigliamenti, di cui si dice nell’Esodo (28). E appare pure priva di senso l'interdizione dal sacerdozio per difetti fisici, secondo quanto si dice nel Levitico (21, 17 e ss): «Nessuno della tua discendenza, in eterno, che sia difettoso, offra il nutrimento al suo Dio:  né un cieco, né uno zoppo, ecc...». Così dunque sembra che i sacramenti della legge antica fossero irrazionali.

 

Ma di contro vi è quanto si dice nel Levitico (20, 8): «Io sono il Signore, che vi santifico». Ora, Dio non compie nulla senza ragione; si dice infatti nel Salmo 103 (24): «Ogni cosa hai fatto con sapienza». Dunque, nei sacramenti della legge antica, che erano ordinati alla santificazione degli uomini, non vi era nulla senza una causa ragionevole.

 

Rispondo dicendo che, come è stato detto sopra [q. 91, a. 4], propriamente si dicono sacramenti quelle cose che sono apprestate dagli adoratori di Dio come consacrazione, attraverso cui in essi sono in qualche modo abilitati al culto di Dio. Ora, il culto di Dio in generale riguardava tutto il popolo, mentre in modo speciale riguardava i sacerdoti e i leviti, che erano i ministri del culto divino. E perciò tra questi sacramenti della legge antica, alcuni riguardavano tutto il popolo, altri in modo speciale ma i ministri.
Sia riguardo agli uni sia riguardo agli altri, erano necessarie per cose. Primo, l’istituzionalizzazione dello stato di cultore di Dio. Ciò in generale per tutti accadeva con la circoncisione, senza la quale nessuno era ammesso alle osservanze legali; invece per i sacerdoti c'era una consacrazione sacerdotale. – Secondo, si richiedeva l'uso di quanto si riferisce al culto divino. E così, per il popolo, vi era la consumazione del convito pasquale, al quale nessuno di coloro che non erano circoncisi veniva ammesso, come si evince dall’Esodo (12, 43 e ss.); terre di sacerdoti, vi era l'oblazione delle vittime e la consumazione del pane della proposizione e di quanto era riservato all'uso dei sacerdoti. – Terzo, si richiedeva l'eliminazione di quanto poteva distogliere dal culto divino, cioè delle impurità. E così, per il popolo, erano state istituite delle purificazioni da certe impurità esterne e alcune ispirazioni per i peccati, terre i sacerdoti, invece, era stata istituita l’abluzione delle mani e dei piedi e la rasatura.
E tutte queste cose avevano cause ragionevoli, sia letterali, essendo ordinate al culto divino di quel tempo, sia figurate, essendo ordinate a prefigurare Cristo, come emergerà per i singoli casi.

 

Risposta al primo argomento: la principale ragione letterale della circoncisione fu la professione di fede in un solo Dio. E poiché Abramo fu il primo che si separò dagli infedeli, uscendo dalla sua casa e dalla sua parentela, per primo egli ricevette la circoncisione [Gen. 12, 17]. E questa è la causa riconosciuta dall'Apostolo: «Ricevette il segno della circoncisione come sigillo della giustificazione ottenuta attraverso la fede quando egli era incirconciso» (Rom. 4, 9); si legge infatti qui che «ad Abramo la fede fu computata a giustificazione» poiché egli «credette, al di là di ogni speranza», cioè, contro la speranza di ordine naturale, nella speranza della grazia «di divenire padre di molte nazioni», essendo egli stesso vecchio e sua moglie vecchia e sterile. E, affinché questa professione e limitazione della fede di Abramo si radicasse nel cuore degli ebrei, questi ricevettero un segno indelebile nella loro carne, di cui non potevano dimenticarsi; si dice infatti nella Genesi (17,13): «La mia alleanza sussisterà della vostra carne quale alleanza perenne». Perciò si faceva nell'ottavo giorno, perché prima il bambino è troppo tenero, e avrebbe potuto riceverne un gran danno, ed è considerato ancora come non consolidato; infatti neanche gli animali venivano offerti prima dell'ottavo giorno [Es. 22, 30]. D'altra parte, non si tardava di più, affinché nessuno rifiutasse il segno della circoncisione per il dolore e affinché i genitori, il cui amore verso i figli cresce con la frequenza dei rapporti e con la loro crescita, non li sottraessero alla circoncisione. – La seconda ragione potrebbe essere quella di indebolire la concupiscenza del membro virile. – La terza ragione era quella di disprezzare i riti a Venere e a Priapo, nei quali si onorava quella parte del corpo. – Il Signore, del resto, non aveva proibito che le incisioni fatte durante il culto degli idoli; e ad esse non somigliava la circoncisione.
La ragione figurativa della circoncisione era quella di prefigurare il rigetto della corruzione che sarebbe stato compiuto per mezzo di Cristo, e che si compirà perfettamente nell'ottava età, che è l’età della resurrezione. E poiché la corruzione di peccato o di pena deriva in noi dal peccato originale del nostro primo genitore, perciò tale circoncisione veniva fatta nel membro della generazione. Dice infatti l'Apostolo: «In Cristo siete stati circoncisi ma di una circoncisione non operata dall'uomo, ma nella spoliazione del corpo carnale, nella circoncisione del Signore nostro Gesù Cristo» (Col. 2, 11).

 

Risposta al secondo argomento: la ragione letterale del convito pasquale fu quella di commemorare il beneficio con il quale Dio condusse il popolo ebreo fuori dall'Egitto. Perciò con la celebrazione di tale convito gli ebrei professavano di appartenere a quel popolo che Dio aveva scelto per sé in Egitto. Quando infatti essi furono liberati dall'Egitto, fu ordinato loro di spingere col sangue dell'agnello i battenti superiori delle porte di casa, come per affermare che essi si allontanavano dai riti degli egiziani, i quali adoravano il montone. Perciò essi furono anche liberati, mediante l'aspersione del sangue dell'agnello e, dunque, l'unzione delle porte di casa, del pericolo dello sterminio che incombeva sugli egiziani.
Ora, in quella loro uscita dall'Egitto, vi era, da una parte, la fretta di uscire, per l'incalzare degli egiziani, come si dice nell'Esodo (12), dall'altra, l’incombere del pericolo per coloro che non si affrettavano ad uscire con la moltitudine, di rimanere uccisi dagli egiziani. Tale fretta era indicata in due modi. Primo, con ciò che mangiavano: infatti era stato loro comandato di mangiare il pane azzimo, per esprimere che «non potevano farlo fermentare, costretti a uscire dagli egiziani» e agnello arrostito al fuoco, che veniva preparato più rapidamente; inoltre era stato loro comandato di non spezzare le ossa, perché nella fretta non c'era tempo di farlo. In secondo luogo, la fretta era indicata con la maniera di mangiare; si dice infatti nella Scrittura: «vi cingerete i fianchi, avrete i calzari ai piedi e il bastone in mano, e mangerete in fretta», cosa che indica chiaramente degli uomini pronti per mettersi in viaggio. Lo stesso si dica per l'altra prescrizione fatta loro: «in una sola casa mangerete, e non porterete le sue carni fuori», perché, appunto, a causa della fretta, mancava il tempo di mandarne in regalo. – Infine, l'amarezza partita in Egitto era indicata dalle lattughe di campo.
La ragione figurativa di questo banchetto emerge chiaramente, dal momento che attraverso l'immolazione dell'agnello pasquale era prefigurata l'immolazione di Cristo, secondo quello che si legge nella Prima Lettera ai Corinti (5, 7): «La nostra Pasqua, Cristo, è stata immolata». D'altra parte il sangue dell'agnello, che libera dallo sterminio, essendo sparso sulle porte di casa, sta a significare la fede nella passione di Cristo nel cuore e sulla bocca dei fedeli, attraverso la quale siamo liberati dal peccato dalla morte, secondo quello che si dice nella Prima Lettera di Pietro (1, 18 e ss.): «siete stati riscappati per mezzo del sangue prezioso dell’Agnello senza macchia». Quelle carni poi venivano mangiate, per indicare la consumazione del corpo di Cristo nel Sacramento. Ed erano arrostite al fuoco, per indicare la passione o l'amore di Cristo. Inoltre, venivano mangiate con i pani azzimi, per designare il modo di vita puro dei fedeli ammessi a cibarsi del corpo di Cristo, secondo quello che si dice nella Prima Lettera ai Corinti (5, 8): «Celebriamo la festa con azzimi di purezza e di verità». Si raggiungono poi le lattughe di campo, in segno della penitenza dei peccati, che è necessaria per quelli che si cibano del corpo di Cristo. I fianchi poi vanno cinti con il cordone della castità. Mentre i calzari ai piedi sono gli esenti dei Padri già morti. Il bastone da tenere in mano indica la vigilanza pastorale. E si prescrive di mangiare l'agnello pasquale in una sola casa, cioè nella Chiesa Cattolica, e non delle conventicole degli eretici.

 

Risposta al terzo argomento: alcuni sacramenti della legge nuova ebbero nella legge antica i sacramenti figurati a sé corrispondenti. Infatti alla circoncisione corrisponde il Battesimo, che è il sacramento della fede; infatti si legge nella Lettera ai Colossesi (2,11): «In Cristo siete stati circoncisi ... sepolti con lui nel battesimo». Al convito dell'agnello pasquale corrisponde, invece, della legge nuova il sacramento dell'Eucaristia. E a tutte le purificazioni della legge antica corrisponde nella legge nuova il sacramento della Penitenza. Alla consacrazione di sacerdoti e sommi sacerdoti corrisponde il sacramento dell’Ordine.
Tuttavia, al sacramento della Confermazione, che è il sacramento della pienezza della grazia, non può corrispondere alcun sacramento della legge antica, dal momento che non era ancora giunto il tempo della pienezza, poiché «la legge non condusse nessuno a perfezione» (Eb. 7, 19). Lo stesso vale per l'Estrema Unzione, che è una preparazione immediata ad entrare nella gloria, le cui porte non erano ancora aperte nella legge antica, non essendone stato versato il prezzo. Il Matrimonio, poi, esisteva nella legge antica solo in quanto compito di natura, ma non in quanto è il sacramento dell'unione di Cristo con la Chiesa, che non era ancora stata costituita. Infatti nella legge antica era incluso anche il libello del ripudio, che è contro la natura del sacramento.

 

Risposta al quarto argomento: come è stato detto sopra, le purificazioni della legge antica erano finalizzate a togliere gli ostacoli al culto divino. E questo culto è di due specie: quello spirituale, che consiste nella devozione della mente a Dio, e quello reso con il corpo, che consiste in sacrifici, oblazioni, e altre cose del genere. Ora, gli uomini sono ostacolati nel culto spirituale dai peccati, dai quali si diceva venissero contaminati, come ad esempio dall'idolatria, dall'omicidio, dagli adulteri e dall'incesto. Da queste contaminazioni gli uomini venivano purificati attraverso alcuni sacrifici che erano offerti o per tutto il popolo, oppure anche per i peccati dei singoli. Non che quei i sacrifici materiali avessero da sé stessi la virtù di espiare i peccati: ma perché raffiguravano l'espiazione dei peccati che sarebbe avvenuta dopo attraverso Cristo, di cui erano partecipi anche gli antichi, professando la fede nel Redentore in codesti i sacramenti figurativi.
Gli uomini poi erano ostacolati nelle culto esterno da certe contaminazioni corporali: principalmente da quelle che si riscontravano negli stessi uomini, ma conseguentemente anche da quelle degli animali, delle vesti, delle case, degli arredi. Negli uomini si riteneva che l'impurità derivasse in parte dagli uomini stessi e in parte dal contatto con cose immonde. Degli uomini si riteneva immondo tutto quello che presentava già una corruzione o era ad essa abbandonato. Ecco perchè, dal momento che la morte è una corruzione, il cadavere di un uomo era considerato immondo. Così pure erano considerati immondi i lebbrosi, perché la lebbra deriva dalla corruzione degli umori, che promanano anche al di fuori e infettano gli altri. E così anche le donne soggette al flusso di sangue, o per malattia, o per natura, o nel tempo delle mestruazioni, o nel tempo del concepimento. E per la stessa ragione erano considerati immondi gli uomini che soffrivano di perdite di sperma, o per malattia, o per polluzione notturna, oppure anche per il coito. Infatti ogni secrezione del genere che veniva dall’uomo aveva una certa impurità. – Gli uomini poi venivano contaminati dal contatto con qualsiasi cosa immonda.
Ora, in codeste contaminazioni vi era una ragione letterale e una figurativa. La prima deriva dal rispetto per le cose riguardanti il culto divino, sia perchè gli uomini non osavano toccare oggetti preziosi quando non erano mondi, sia perchè più raramente ci si avvicinava alle cose sacre, maggiormente le si veneravano. Infatti, essendo raro il caso che uno potesse evitare tutte queste simili di impurità, accadeva raramente che gli uomini potessero avere un contatto con quanto riguardava il culto divino; e così, quando vi si avvicinavano, lo facevano con maggiore rispetto e umiltà di cuore. – Vi era però anche la ragione letterale e di eliminare degli uomini la paura di praticare il culto divino, come se si trattasse di fuggire i lebbrosi o altri uomini malati, il cui male era terribile e contagioso. – In altri casi, poi, si voleva evitare il culto idolatrico, dal momento che i gentili nei loro riti usavano talvolta sangue e sperma umano. – Tuttavia, tutte queste impurità corporee venivano eliminate o con la sola aspersione dell'acqua, oppure, quando erano maggiori, attraverso un sacrificio per espiare il peccato dal quale provenivano.
La ragione figurativa di queste impurità era invece quella di rappresentare nelle contaminazioni esterne i diversi peccati. Infatti il impurità di qualsiasi cadavere sta ad indicare l'impurità del peccato, che è la morte dell'anima. L’impurità della lebbra sta ad indicare l'impurità delle dottrine eretiche: sia perché una dottrina eretica è contagiosa come la lebbra, sia anche perché non c'è una falsa dottrina che non abbia del vero mescolato alla sua falsità, come anche nella pelle del lebbroso appare una certa distinzione delle macchie dalla carne integra. Attraverso l’impurità di una emoroissa, poi, viene indicata l'impurità dell'idolatria, per il sangue dei sacrifici. Mentre attraverso l’impurità dell'uomo che soffre di perdite di sperma, viene indicata l'impurità del parlare inutile, poiché «il seme è la parola di Dio» (Lc. 8, 11). Attraverso l’impurità del coito e del parto è designata l'impurità del peccato originale. E attraverso quella della donna mestruata, l'impurità dell'anima rammollita dai piaceri. E in generale, le contaminazioni dovute ai contatti con le cose immonde rappresentano la contaminazione del consentire ai peccati altrui, secondo quello che si dice nella Seconda Lettera agli Corinzi (6, 17): «uscite in mezzo a loro e mettetevi in disparte e non toccate nulla di impuro».
Ora, questa contaminazione per contatto si estendeva anche alle cose inanimate. Tutto ciò infatti che toccava un essere immondo, diventava immondo. In questo la legge attenuò la superstizione dei gentili, che non solo dicevano che l’impurità si contrae per contatto con qualcosa di immondo, ma anche attraverso il conversare e il guardare, come dice Mosé Maimonide [Doct. Perplex. , P. 3, c. 47] a proposito della donna mestruata. – In senso mistico ciò esprime quanto si dice nel libro della Sapienza (14, 9): «A Dio sono ugualmente odiosi sia l'empio che la sua empietà».
Vi era poi una certa impurità delle cose inanimate in se stesse come vi era un impurità della lebbra nella casa e nei vestiti. Infatti, come dalla corruzione degli umori, che imputridisce le viscere e corrompe la carne viene la lebbra nell'uomo, così anche attraverso una certa corruzione o eccesso di umidità o di siccità, avviene talora una corrosione delle pietre della casa o anche nelle vesti. E perciò questa corruzione è chiamata lebbra della legge, dalla quale la casa o le vesti sono rese immonde, sia perché qualsiasi corruzione implica una contaminazione, come è stato detto, sia anche perché contro una tale corruzione, i gentili veneravano gli dei Penati. Pertanto, la legge ordinò che quelle case, nelle quali si era prodotta una tale corruzione persistente, fossero distrutte e le vesti bruciate, per togliere l'occasione dell'idolatria. – Vi era poi un’impurità dei vasi, della quale si dice nel libro dei Numeri (19, 15): «ogni vaso aperto, su cui non è fissato un coperchio, è impuro». E la causa di questa impurità sta nel fatto che facilmente poteva cadere in questi vasi qualcosa di impuro, che li avrebbe sporcati. E ciò era anche comandato per evitare l'idolatria: gli idolatri credevano infatti che se topi o lucertole, oppure altri animali del genere, che essi immolavano agli idoli, fossero improvvisamente caduti nell'acqua, divenissero graditi agli dei. E anche adesso ci sono delle donne che lasciano aperti i vasi in ossequio alle divinità della notte, che chiamano Giane.
Di tutte queste impurità la ragione figurativa consiste nel fatto che attraverso la lebbra veniva indicata l'impurità delle congreghe eretiche; la lebbra sulle vesti di lino indicava invece la perversione dei costumi dovuta alla durezza dell'animo; la lebbra sulle vesti di lana indicava la perversità degli adulatori; quella sull'ordito indicava i vizi dell'anima e quella sulla trama indicava i peccati carnali: infatti, come l’ordito è incluso nella trama, così l'anima è nel corpo. Attraverso i vasi privi di coperchio o di legatura veniva poi indicato l'uomo cui manca la custodia del silenzio e che non è governato da alcuna norma di disciplina.

 

Risposta al quinto argomento: come è stato detto sopra, nella legge vi era una duplice impurità. La prima avviene attraverso una corruzione dell'anima o del corpo: questa è l'impurità più grave. Un'altra invece avviene attraverso il contatto con le cose impure: questa è l'impurità minore, che veniva espiata con un rito più semplice. Infatti la prima veniva espiata con il sacrificio per il peccato, poiché ogni corruzione proviene dal peccato e indica il peccato; l'altra impurità, invece, veniva espiata con la sola aspersione dell'acqua, della quale parla il libro dei Numeri (19).
Là infatti veniva comandato dal Signore che si prendesse una vacca rossa il ricordo del peccato commesso in adorazione del vitello d'oro. Si parla inoltre di una vacca piuttosto che di un vitello, perché così il Signore usava denominare alla sinagoga, secondo quanto si legge nel libro di Osea (4, 16): «come una giovenca bizzarra, Israele è sbandato». O forse perché gli ebrei avevano adorato delle vacche, secondo il costume degli egiziani, come si legge nel libro di Osea (10, 5): «adorarono le vacche di Bethaven». – E a riprovazione del peccato di idolatria, essa veniva immolata fuori dagli accampamenti. E tutte le volte in cui si faceva un sacrificio per l'espiazione dei peccati del popolo, si bruciava tutto fuori dagli accampamenti. – Per indicare poi che mediante questo sacrificio il popolo era purificato da tutti i peccati, il sacerdote intingeva un dito nel sangue di essa e lo aspergeva verso la parte del santuario per sette volte, poiché il numero sette indica la totalità. E questa stessa aspersione del sangue aveva a che fare con la riprovazione dell’idolatria, nella quale il sangue delle vittime non veniva sparso, ma raccolto, e intorno adesso gli uomini mangiavano in onore degli idoli. – Inoltre la vittima veniva bruciata. O perché Dio comparve a Mosé in mezzo al fuoco e nel fuoco fu data la legge. O perché attraverso questo si indicava che l’idolatria, e tutto ciò che ad essa si lega, era totalmente da estirpare; così la vacca veniva bruciata «dando alle fiamme anche la pelle, le carni, il sangue e gli escrementi». – Al fuoco si aggiungevano anche del legno di cedro, l’issopo, il cocco tinto due volte, per significare che, come il legno di cedro non imputridisce facilmente, e come il cocco tinto due volte non perde il colore, e come l’issopo conserva il proprio odore anche dopo che é stato essiccato, allo stesso modo anche questo sacrificio doveva servire a conservare il popolo stesso, la sua onestà, la sua devozione. Di conseguenza, a proposito delle ceneri di questa vacca si dice: «affinché servano a preservare la moltitudine dei figli di Israele». Oppure, secondo quello che dice Giuseppe Flavio [cfr. 3 Antiquit. c. 8], i quattro elementi avevano questo significato: al fuoco si aggiungeva il cedro che, per la sua origine terrestre, significa la terra; l’issopo che, per il suo odore, significa l'aria; il cocco che, per il suo colore, simile alla porpora, che deriva dal mare, significa l'acqua. E così si esprimeva l'idea che questo sacrificio era offerto al Creatore dei quattro elementi. – E poiché tale sacrificio era offerto per il peccato di idolatria, a riprovazione di esso sia chi bruciava la vittima,  sia chi ne raccoglieva le ceneri, sia chi aspergeva l'acqua in cui erano state versate queste ceneri, era ritenuto in qualche modo immondo. Da questa contaminazione, però, si era purificati con la sola aspersione degli indumenti e non c'era bisogno di lavarsi con l'acqua a causa di essa, dal momento che altrimenti ci sarebbe stato un processo all'infinito. Colui infatti che aspergeva l'acqua diventava impuro, quindi se avesse asperso se stesso, sarebbe rimasto impuro; e se invece fosse stato asperso da qualcun altro, quest'ultimo sarebbe divenuto impuro; e allo stesso modo chi avesse asperso costui, e così all'infinito.
La ragione figurativa di questo sacrificio sta nel fatto che attraverso la vacca rossa è prefigurato il Cristo secondo l’infermità della carne da lui assunta, che è indicata dal sesso femminile. Il colore della vacca designa il sangue della sua passione. La vacca poi era di un’età perfetta, perchè perfetta è ogni opera di Cristo. E in essa non vi era alcuna macchia e non aveva mai portato il giogo, perchè Cristo non portò mai il giogo del peccato. Ora, fu comandato di portarla a Mosè, perchè a Cristo fu imputata la trasgressione della legge di Mosè nella violazione del sabato. Fu comandato anche di consegnarla al sacerdote Eleazaro, perchè Cristo fu consegnato nelle mani dei sacerdoti per essere ucciso. E veniva immolata fuori dagli accampamenti, perchè «Cristo soffrì fuori della porta» (Eb. 13, 12). Inoltre il sacerdote intingeva il dito nel sangue della vacca, perché mediante la discrezione, che il dito significa, bisogna considerare e imitare il mistero della passione di Cristo. E aspergeva il sangue contro il tabernacolo, attraverso il quale veniva designata alla sinagoga, oppure per indicare la condanna degli ebrei che non credettero, o ancora per indicare la purificazione dei credenti. E questo per sette volte: o in vista dei sette doni dello Spirito Santo, o per i giorni della settimana, che simboleggiano ogni tempo. Inoltre tutte le cose che riguardano l'incarnazione di Cristo devono essere bruciate con il fuoco, cioè devono essere intese spiritualmente. Infatti la pelle e la carne significano l'operare esterno del Cristo; il sangue ne indica la precisa e interna virtù che vivifica gli atti esterni; gli escrementi indicano la stanchezza, la sete e tutte le altre simili manifestazioni della sua debolezza. Devono aggiungersi poi tre cose: il cedro, che indica l'altezza della speranza, o della contemplazione; l'issopo, che indica l'umiltà, o la fede; il cocco tinto due volte, che indica la duplice carità. Attraverso queste virtù dobbiamo aderire al Cristo sofferente. La cenere della combustione, poi, veniva raccolta da un uomo mondo, poiché le reliquie della passione giunsero ai gentili, che non furono colpevoli della morte di Cristo. Le ceneri, poi, si aggiungevano all'acqua dell'espiazione, perché dalla passione di Cristo il battesimo deriva la virtù di purificare dai peccati. Ora, il sacerdote che immolava e bruciava la vacca, sia colui che ella bruciava, sia colui che ne raccoglieva le ceneri, era il mondo, e così anche quello aspergeva l'acqua: o per significare che i giudei sono divenuti immondi a causa dell'uccisione di Cristo, attraverso la quale i nostri peccati sono stati espiati, e questo fino al vespro, cioè sino alla fine del mondo, quando i resti di Israele si convertiranno; oppure per significare che quelli che trattano le cose sante mirando alla purificazione degli altri, contraggono essi stessi certe impurità, come dice S. Gregorio [Pastorali 2, c.5], e questo fino al vespro, cioè fino alla fine della vita presente.

 

Risposta al sesto argomento: come è stato detto sopra, l'impurità che proviene dalla corruzione o della mente o del corpo viene espiata attraverso i sacrifici per il peccato. Venivano infatti offerti speciali sacrifici per i peccati dei singoli, ma poiché alcuni trascuravano codesta espiazione dei peccati e delle impurità, o anche la omettevano per ignoranza, fu stabilito che una volta all'anno, il giorno dieci del settimo mese, si facesse un sacrificio di espiazione per tutto il popolo. E poiché, come dice l'apostolo nella Lettera agli Ebrei (7, 28), «la legge costituisce sacerdoti uomini soggetti a debolezza», allora era necessario che il sacerdote per primo offrisse per se stesso un vitello per il peccato, in ricordo del peccato che Aronne commise facendo fondere il vitello d'oro, e un montone in olocausto, per indicare che la giurisdizione del sacerdote, che il montone, capo del gregge, designa, deve essere ordinata all'onore di Dio. – Di seguito il sacerdote offriva per il popolo due capri. E di questi il primo veniva immolato per espiarne i peccati: infatti il capro è un animale maleodorante e con i suoi peli si costruiscono vesti pungenti; così indicava il cattivo odore, l'impurità e l’aculeo del peccato. Ora, il sangue di questo capro di immolato veniva portato, con quello del vitello nel Sancta Sanctorum e veniva asperso con esso tutto il santuario, per significare che il tabernacolo veniva mondato così da tutte le impurità dei figli di Israele. Invece il corpo del capro e del vitello che venivano immolati per il peccato dovevano essere bruciati, per indicare la distruzione dei peccati. Ma non sull'altare, poiché lì si bruciavano interamente soltanto gli olocausti. Di qui il comando di bruciarli fuori dagli accampamenti, a riprovazione del peccato: infatti così si faceva qualsiasi cosa venisse immolata in sacrificio per qualche grave peccato, o per molti peccati. – Invece l'altro dei due capri veniva inviato nel deserto, non per essere offerto ai demoni, che i gentili li adoravano nel deserto, poiché non era lecito immolare ad essi [Levit. 17, 7], ma piuttosto per indicare l'effetto del sacrificio compiuto. E perciò il sacerdote imponeva la mano sul capo dell’animale, confessando i peccati dei figli di Israele, come se quel carro li dovesse portare nel deserto, dove sarebbe stato divorato dalle fiere, quasi soffrendo la pena per i peccati del popolo. E si diceva che portava i peccati del popolo, o perché nella sua partenza venire indicata la remissione dei peccati del popolo, o perché sul suo capo si legava un foglietto su cui i peccati venivano scritti.
Ora, la ragione figurativa di queste cose si rintraccia nel fatto che Cristo era indicato sia attraverso il vitello, per la sua virtù, sia dal montone, poiché egli è la guida dei fedeli, sia ancora dalla capro, per «lo stato di affinità con la carne del peccato» (Rom. 8, 3). E Cristo stesso è stato immolato per i peccati sia dei sacerdoti sia del popolo, poiché attraverso la sua passione sono purificati dal peccato sia i grandi sia i piccoli. Il sangue del vitello e del capro, poi, viene introdotto nella parte del tabernacolo chiamata Sancta dal sommo sacerdote, poiché il sangue della passione di Cristo ci ha introdotti nel regno dei cieli. I loro corpi, invece, vengono bruciati fuori dagli accampamenti, perché «Cristo soffrì fuori della porta» (Eb. 13, 12), come dice l'Apostolo. Il capro che veniva inviato nel deserto, poi, può significare o la stessa divinità di Cristo, che si rifugiò nella solitudine, mentre Cristo uomo pativa, non già mutando di luogo, ma restringendo la sua virtù; oppure può significare la cattiva concupiscenza, che dobbiamo allontanare da noi, mentre dobbiamo immolare al Signore i nostri moti virtuosi.
E, a proposito dell’impurità di coloro i quali bruciavano questi sacrifici, valgono le medesime ragioni prima addotte, per il sacrificio della vacca rossa.

 

Risposta al settimo argomento: attraverso il rito della legge il lebbroso non veniva purificato dalle macchie della lebbra, ma ne dichiarava alla purificazione. E questo viene indicato nel Levitico, quando si dice del sacerdote: «quando trovi che la lebbra è guarita, ordini a colui che è purificato...» (14, 3 e ss.). La lebbra dunque era già eliminata, ma si parlava di un venir purificati, perché a giudizio del sacerdote il lebbroso veniva restituito al consorzio umano e al culto divino. Tuttavia avveniva talvolta che per un miracolo divino attraverso il rito della legge si venisse mondati dalla lebbra del corpo, quando il sacerdote sbagliava nel giudicare.
E questa purificazione del lebbroso avvenire in due tempi: prima, veniva giudicato mondo; poi veniva restituito mondo al consorzio umano e al culto divino, cioè dopo sette giorni. Nella prima di queste purificazioni il lebbroso da purificare offriva per sé due passeri vivi, un ramo di cedro, un nastro rosso e issopo, cosicché, in tal modo, il nastro rosso legasse insieme un passero con l’issopo e con il ramo di cedro, in maniera tale che il ramo di cedro formasse come il manico di un aspersorio. Invece l’issopo e il passero costituivano quella parte dell'aspersorio che veniva intinta nel sangue dell'altro passero che veniva immolato nell'acqua viva. Queste quattro cose le offriva contro i quattro difetti della lebbra: infatti contro la putredine si offriva il cedro, che è un albero che non imputridisce; contro il cattivo odore si offriva l’issopo, che è un'erba dal buon odore; contro la mancanza di sensibilità, un passero vivo; contro il colore sgradevole, un nastro rosso, che ha un colore vivo. Il passero poi si lasciava volare vivo nei campi, perché il lebbroso veniva restituito alla libertà di prima.
Nell'ottavo giorno, il lebbroso veniva riammesso al culto divino e restituito al consorzio degli uomini. Tuttavia prima doveva disfarsi dei peli di tutto il corpo e delle vesti, poiché la lebbra corrode i peli e infetta i vestiti e li rende maleodoranti. Dopo di ciò, un sacrificio veniva offerto per le sue colpe, poiché spesso la lebbra deriva dal peccato. Invece, con il sangue del sacrificio si bagnavano le estremità dell'orecchio, i pollici della mano destra e del piede di colui che doveva essere mondato, perché in queste parti per prime la lebbra viene riconosciuta e sentita. In questo rito si adoperavano tre liquidi: il sangue, contro la corruzione del sangue; l'olio, per designare la guarigione della malattia; l'acqua viva, per pulire la sporcizia.
La ragione figurativa di questo sacrificio consiste nel fatto che i due passeri indicano la divinità e l'umanità di Cristo. E di queste una, cioè l'umanità, viene immolata in un vaso di argilla sull'acqua viva, perché attraverso la passione di Cristo viene consacrata l'acqua del battesimo. L'altra invece, cioè la divinità immutabile, rimaneva viva, perché la divinità non può morire. Di conseguenza volava via, perché non poteva essere soggetta alla passione. E questo passero vivo legato con il ramo di cedro e con il nastro rosso o vermiglio e con l'issopo, cioè con la fede, speranza e la carità, era immerso nell'acqua per aspergere, come è stato detto sopra, perché noi siamo battezzati nella fede del Dio uomo. L'uomo poi la va le sue vesti, cioè le sue opere, con l'acqua del battesimo o con le lacrime, e si libera di tutti i suoi peli, cioè dei pensieri. Si bagna poi l'estremità dell'orecchio destro col sangue e con l'olio, per custodire l’udito di chi è mondato dalle parole di corruzione, mentre i pollici della mano e del piede destro, affinché sia santo il suo agire.
Le altre cerimonie che riguardavano questa purificazione, o anche quelle di altre impurità, non hanno nulla di particolare che li distingue dagli altri sacrifici per i peccati o per i delitti.

 

Risposta all’ottavo e al nono argomento: come il popolo veniva iniziato al culto di Dio attraverso la circoncisione, così i ministri erano iniziati al culto di Dio attraverso una speciale purificazione o consacrazione: ecco perché si comandava loro di separarsi dagli altri, come deputati rispetto agli altri in modo speciale al ministero del culto divino. E tutto ciò che si faceva riguardo ai sacerdoti nella loro consacrazione o istituzione mirava a mostrare che essi avevano una prerogativa di purezza, di virtù e di dignità. Perciò nell'istituzione dei ministri si facevano tre cose: per prima cosa, venivano purificati; successivamente, venivano ornati e consacrati; infine venivano dedicati all'esercizio del ministero.
Venivano purificati tutti insieme con la produzione dell'acqua e con certi sacrifici; in particolare, poi, i leviti dovevano radersi tutti i peli del corpo, come sta scritto nel Levitico (8).
D'altra parte la consacrazione dei pontefici e dei sacerdoti si svolgeva in quest'ordine. Per prima cosa, dopo che erano stati lavati, venivano rivestiti di particolari ornamenti che miravano ad indicare la loro dignità. In particolare il sommo sacerdote riceveva l'unzione dell'olio sul capo, per indicare che da lui emanava il potere di consacrare gli altri, come l'olio che dal capo scende verso le membra inferiori, secondo quello che si dice nel Salmo 132 (2): «Come l'olio sul capo che scende sulla barba, sulla barba di Aronne». I leviti invece non avevano altra consacrazione dell'offerta che i figli d'Israele facevano al Signore, attraverso le mani del sommo sacerdote, il quale pregava per loro. Dei sacerdoti minori venivano consacrate soltanto le mani, che dovevano essere adoperate nei sacrifici. E con il sangue dell'animale immolato venivano bagnati loro il bordo dell'orecchio destro, i pollici del piede della mano destra, affinché fossero obbedienti alla legge di Dio nell'offerta dei sacrifici, cosa che era indicata con l'unzione dell'orecchio, e affinché fossero solleciti e pronti del fare sacrifici, cosa che era indicata nell'unzione del piede della mano destra. Venivano anche aspersi, essi stessi e le loro vesti, con il sangue dell'animale immolato, in memoria del sangue dell'agnello dal quale furono liberati in Egitto. Durante la loro consacrazione, si offrivano poi i seguenti sacrifici: un vitello per il peccato, in memoria della remissione del peccato che Aronne commise facendo fondere il vitello d'oro; un montone in olocausto, in memoria del sacrificio di Abramo, la cui obbedienza il sommo sacerdote doveva imitare; un altro montone di consacrazione, che era come una vittima pacifica in ricordo della liberazione dall'Egitto avvenuta attraverso il sangue dell'agnello; un canestro di mani in ricordo della manna procurata al popolo.
Rientrava poi nel loro essere dedicati al ministero il fatto che nelle loro mani venisse posto il grasso del montone, una porta di pane e la spalla destra, per mostrare che ricevevano il potere di offrire a Dio codeste cose. I leviti invece venivano dedicati al ministero mediante l'ingresso del tabernacolo dell'alleanza, come per occuparsi degli arredi del santuario.
La ragione figurativa di queste cose consisteva nel fatto che coloro che dovevano essere consacrati al ministero spirituale di Cristo, devono prima essere purificati attraverso l'acqua del battesimo e delle lacrime, nella fede della passione di Cristo, cosa che costituisce un sacrificio di espiazione di purificazione. Devono inoltre radere tutti i peli del corpo, cioè tutti i cattivi pensieri. Devono anche essere ornati di virtù ed essere consacrati con l'olio dello Spirito Santo e con nell'aspersione del sangue di Cristo. E così devono essere rivolti all'esecuzione del loro ministero spirituale.

 

Risposta al decimo argomento: come è stato già detto, l'intenzione della legge era quella di indurre al rispetto per il culto divino. È questo in due modi: in un modo, eliminando dal culto divino tutto ciò che poteva esser di dì disprezzabile; in altro modo, legando al culto divino tutto ciò che sembrava contribuire al suo decoro. E se questo veniva osservato nel tabernacolo e dei suoi vasi, negli animali da immolare, molto più doveva essere osservato negli stessi ministri. Perciò, per togliere ogni disprezzo per i ministri, fu comandato che essi non avessero nessuna macchia o difetto fisico, perché gli uomini che hanno queste caratteristiche di solito sono disprezzati dagli altri. Per questo fu anche stabilito che non venissero scelti per il ministero qua e là, da una qualsiasi discendenza, ma da una discendenza ben determinata, affinché fossero considerati i più illustri e più nobili.
Inoltre, affinché fossero riveriti, furono per loro stabiliti speciali vesti e una speciale consacrazione. Questa è in generale la causa dell'ornamento delle vesti. In particolare, poi, si deve sapere che il sommo sacerdote aveva otto ornamenti. Primo, infatti, aveva una veste di lino. – Secondo, aveva una tunica del colore del giacinto, alla cui estremità vicino i piedi erano attaccati tutt’intorno dei campanelli e frutti di melograno colorati di giacinto, porpora e cocco tinto due volte. – Terzo, aveva un paramento omerale, che copriva le spalle e la parte anteriore fino al cinto; esso era d'oro e di panno violaceo e purpureo, del colore del cocco tinto due volte e del bisso ritorto. Sulle spalle poi aveva dure pietre di onice, su cui erano scolpiti i nomi dei figli di Israele. – Il quarto indumento era il razionale, tessuto della stessa stoffa; esso era quadrato e veniva posto sul petto, legato al paramento omerale. In esso vi erano dodici pietre preziose, distinte in quattro file, su cui erano scolpiti i nomi dei figli d'Israele, quasi per indicare che il sommo sacerdote portava il peso di tutto il popolo, poiché aveva i loro nomi sulle sue spalle e per indicare che continuamente doveva pensare alla loro salvezza, portando questi i nomi sul petto, come se gli avesse nel cuore.  E il Signore comandò che su questo razionale fosse posta la «Dottrina e la Verità», perché vi erano scritte delle sentenze riguardanti la dottrina e la verità. Tuttavia gli ebrei hanno inventato che sul razionale vi era una pietra che avrebbe mutato il suo colore, in base alle varie cose che dovevano accadere ai figli d'Israele; e chiamavano questo «Verità e Dottrina». – Il quinto l'indumento del sommo sacerdote era la cintura, cioè una fascia dei quattro colori sopra menzionati. – Il sesto indumento era la tiara, cioè la mitra, di bisso. – Il settimo era una lamina d'oro, che pendeva sulla sua fronte e in cui era inciso il nome del Signore. – L’ottavo erano le fasce femorali di lino, per coprire la turpitudine della loro carne, quando si avvicinavano al santuario o all’altare. – I sacerdoti minori, però, avevano soltanto quattro di questi otto indumenti: la tunica di lino, le fasce, la cintura e la tiara.
Alcuni, nel rintracciare la ragione letterale e concreta di queste ornamenti, affermano in essi viene indicata la disposizione dell’universo, come se il sommo sacerdote indicasse di essere il ministro del Creatore del mondo; si dice infatti nel libro della Sapienza (18, 24): «sulla veste di Aronne era descritto tutto il mondo». Infatti le fasce di lino erano figura della terra, dalla quale esso nasce. Il giro della cintura rappresentava l’oceano, che circonda la terra. La tunica color del giacinto con il suo colore raffigurava l’aria; inoltre i suoi campanelli raffiguravano i tuoni e i suoi frutti di melograno, invece, i lampi. Il paramento omerale con la varietà dei suoi colori era figura del cielo sidereo; le due pietre di onice potevano essere i due emisferi, oppure il sole e la luna. Le dodici gemme poste sul petto raffiguravano i dodici segni dello zodiaco: si diceva che erano poste nel razionale perchè negli esseri celesti si trovano le ragioni delle cose terrene, secondo ciò che è detto nel libro di Giobbe: «Conosci tu forse le leggi del cielo e determini il loro influsso sulla terra?» (38, 33). La mitra, ovvero la tiara, era poi figura del cielo empireo. La lamina d’oro, infine, raffigurava Dio che sovrasta tutte le cose.
La ragione figurativa poi è evidente. Infatti le macchie o i difetti fisici dai quali i sacerdoti dovevano essere immuni, raffigurano i diversi vizi e peccati che non dovevano avere. Infatti al sacerdote è proibito di essere cieco, cioè non deve essere ignorante. Non deve essere claudicante, cioè instabile e incline a piegarsi in direzioni diverse. Non deve essere col naso piccolo, o grande, o storto, cioè non deve mancare di discrezione, così da eccedere nel più o nel meno, o da compiere qualche cattiva azione: il naso, che distingue gli odori, è infatti simbolo della discrezione. Non deve avere mani o piedi fratturati, cioè non deve perdere la capacità di operare bene secondo virtù e di progredire in essa. Viene inoltre scartato se ha la gobba, o davanti o anche dietro, perchè la gobba indica l’amore superfluo per le cose terrene. E viene scartato se i suoi occhi sono infiammati, cioè se il suo ingegno è oscurato dall’affetto carnale: infatti questo male dipende da una secrezione di umori. Lo stesso se negli occhi ha l’albugine, ossia se ha la presunzione di pensare di possedere il candore della giustizia. Ed è messo da parte anche se ha una scabbia persistente, cioè se ha una carne ribelle. Così pure se ha l’impetigine che, senza provocare dolore, infetta il corpo e deturpa le membra: essa rappresenta l’avarizia. E anche se ha un’ernia o è grave: a chi infatti porta il peso delle turpitudini del cuore, non è consentito realizzarle nelle opere.
D’altra parte, attraverso gli ornamenti sono indicate le virtù dei ministri di Dio. Sono infatti quattro quelle che sono necessarie per tutti i ministri, cioè la castità, indicata dalle fasce femorali; la purezza, indicata dalla tunica di lino; la moderazione della discrezione, indicata dalla cintura; la rettitudine dell’intenzione, indicata dalla tiara che protegge il capo. – Ma oltre a queste il sommo sacerdote doveva avere altre quattro virtù. In primo luogo, il ricordo continuo di Dio nella contemplazione: ciò è significato dalla lamina d’oro con il nome di Dio, che portava sulla fronte. La virtù di portare su di sé le debolezze del popolo, che era indicata dal paramento omerale. Doveva poi accogliere il popolo nel cuore e nelle viscere con sollecitudine d’amore: questa virtù era indicata dal razionale. Infine doveva avere una condotta di vita celeste fatta di opere della perfezione: questo era indicato dalla tunica color del giacinto. Ecco perchè ai bordi di essa erano attaccati i campanelli d’oro, dai quali era raffigurata la dottrina delle cose divine, che deve essere unita alla condotta celeste del sommo sacerdote. Vi erano posti poi anche i frutti del melograno, dai quali era raffigurata l’unità della fede e la concordia dei buoni costumi, perché la sua dottrina deve essere congiunta in modo che attraverso essa non venisse rotta l’unità della fede e della pace.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova